Lo scorso 21 marzo, in occasione della giornata della memoria per le vittime di mafia, Confiscati Bene ha pubblicato i nuovi dati su beni immobili e aziende confiscati in Italia. Oltre 23mila strutture confiscate, che superano quota 27mila se si considerano anche quelle sequestrate e sotto la gestione all'Agenzia nazionale. Si tratta di numeri impressionanti, che raccontano quanto si sia arricchita la criminalità organizzata dal 1982 ad oggi e quanto lo Stato sia riuscito a contrastarla sottraendole patrimoni.
I dati, rilasciati dall'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati in seguito a una nostra richiesta via mail, sono aggiornati al 31 dicembre 2015. Prima di allora erano disponibili soltanto dati risalenti al 7 gennaio 2013 e raccolti dall'Agenzia del Demanio, dalla quale l'Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati ha ereditato le responsabilità.
Ancora oggi, a distanza ormai di tre anni da quell'ultimo aggiornamento ufficiale, quasi tutti gli Enti pubblici, le università, gli istituti di ricerca utilizzano, analizzano, visualizzano i dati del 2013. Eppure di cose ne sono cambiate in questi tre anni: sono state condotte inchieste come Mafia capitale, che ha portato al sequestro e probabilmente porterà alla confisca di patrimoni milionari a Roma e nel Lazio; si è colpita la 'ndrangheta in Emilia-Romagna, in Lombardia, in Veneto, in Piemonte; si è scoperto che la provincia di Reggio Emilia, solo per citarne una, non era poi quell'isola felice raccontata dal numero "zero" alla casella beni confiscati.
Quei dati fermi al 2013 sono stati la base per costruire la prima versione di Confiscati Bene, per riaccendere i riflettori sul tema della trasparenza e del monitoraggio civico sui beni confiscati, di cui si conosce ancora troppo poco. La nostra è un'operazione di attivismo civico e di giornalismo, che trova in decine di comitati, associazioni - a cominciare da Libera - e singoli cittadini la forza per proseguire su questa strada.

Come leggere i dati

I dataset rilasciati il 21 marzo 2016 contengono dati sui beni confiscati sia in primo grado che in via definitiva, che risultano "destinati" (generalmente agli Enti locali, ai Ministeri, alle forze dell'ordine per fini istituzionali, sociali, di emergenza abitativa, etc.), "in gestione" (gestiti dall'Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati prima e dopo una sentenza di primo grado e dopo un verdetto definitivo, in attesa della destinazione) e "usciti dalla gestione".
Nel primo rilascio erano stati inseriti anche circa quattromila beni sequestrati che risultano sotto la gestione dell'Agenzia. In seguito a una precisazione della stessa Agenzia, che ci aveva trasmesso i dati a inizio marzo, Confiscati Bene ha "ripulito" i dataset dai beni sequestrati e rettificato il numero totale da 27mila a 23mila. Il dato sui beni destinati, ossia trasferiti al patrimonio di Comuni, Province, Regioni, Ministeri o altri enti mediante a un decreto di destinazione emesso dal Consiglio direttivo dell'Agenzia, è rimasto invariato. E' mutato, invece, il numero di beni in gestione, soprattutto per quanto riguarda Sicilia e Lazio.
Il 9 giugno il Gruppo L'Espresso ha lanciato il progetto Riprendiamoli!, un longform che racconta storie di beni confiscati restituiti alla collettività o casi di abbandono e cattiva gestione.

Cosa serve per il monitoraggio civico

I dati utili per il monitoraggio civico sono quelli relativi ai beni confiscati destinati. Dal momento in cui viene emesso il decreto di destinazione, il bene confiscato, che sia una casa, un palazzo, una villa, un capannone o un terreno, viene trasferito al patrimonio indisponibile dell'ente, che in precedenza ha indicato all'Agenzia quale utilizzo vuole farne. Spetta all'Ente destinatario - principalmente i Comuni - l'obbligo di trasparenza sui beni immobili che entrano a far parte del proprio patrimonio. Lo stabiliscono due leggi: il Codice Antimafia del 2011 e il Decreto Trasparenza del 2013. L'Articolo 48, comma 3, del Decreto legislativo 159/2011 (Codice Antimafia) alla lettera c) stabilisce che i beni immobili sono «trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l’immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali provvedono a formare un apposito elenco dei beni confiscati ad essi trasferiti, che viene periodicamente aggiornato. L’elenco, reso pubblico con adeguate forme e in modo permanente, deve contenere i dati concernenti la consistenza, la destinazione e l’utilizzazione dei beni nonché, in caso di assegnazione a terzi, i dati identificativi del concessionario e gli estremi, l’oggetto e la durata dell’atto di concessione». A rafforzare questo obbligo c'ha pensato anche il Decreto legislativo 33 del 2013, che all'articolo 30 denominato Obblighi di pubblicazione concernenti i beni immobili e la gestione del patrimonio, stabilisce che «Le pubbliche amministrazioni pubblicano le informazioni identificative degli immobili posseduti, nonché i canoni di locazione o di affitto versati o percepiti».
In tema di trasparenza, la riforma del Codice antimafia, già approvata dalla Camera l'11 novembre 2015 e attualmente in discussione in Commissione Giustizia al Senato, rafforza il concetto, prevedendo anche sanzioni per gli Enti che non ottemperano: «La destinazione, l'assegnazione e l'utilizzazione dei beni sono soggette a pubblicità nei siti internet dell'Agenzia e dell'ente utilizzatore o assegnatario, ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. L'Agenzia revoca la destinazione del bene qualora l'ente destinatario ovvero il soggetto assegnatario non trasmettano i dati nel termine richiesto».
Allora sotto con le richieste d'accesso lì dove i dati non sono pubblicati, qui troverete un form. Lo hanno già fatto decine di attivisti sui territori, come raccontano qui i volontari dell'associazione A testa alta di Agrigento. Per saperne di più, entrate a far parte della community di Confiscati Bene.

Photo Credits: Flickr/Santino Patanè