Con deliberazione n.° 238 del 24/05/2019, la Giunta del Comune di Napoli ha approvato, all’unanimità, le nuove linee guida per il riutilizzo dei beni confiscati alla mafia. Un risultato frutto di un percorso partecipato di ascolto, confronto con reti, associazioni, enti, che in virtù delle loro esperienze di riutilizzo sociale dei beni o nelle attività di promozione, hanno aiutato e accompagnato il lavoro di elaborazione dell’ente comunale Le linee guida approvate dal Comune di Napoli rappresentano un esempio a livello nazionale sia per il percorso di partecipazione costruito, sia per gli elementi di innovazione apportati.

Si tratta di un documento, irrituale nella forma, ma dagli importantissimi spunti sostanziali.

In primo luogo, dal punto di vista della visione politica, si rispediscono al mittente, le sollecitazioni sulla messa all’asta e sul fare cassa ad ogni costo, sottese al decreto, cosiddetto, “sicurezza”. Infatti, le linee guida, si ispirano totalmente alla ratio della legge di iniziativa popolare 109/96, sulla restituzione del mal tolto. L’idea di fondo è di carattere risarcitorio, nel senso che, i beni, vengono restituiti a quelle comunità, che con la presenza mafiosa, hanno pagato un prezzo altissimo, in termini sociali, economici, di sviluppo, e troppo spesso, di vite umane.

Una novità fondamentale che ha come obiettivo quello di riutilizzare il maggior numero di beni possibile dentro una logica di sviluppo locale, produzione di welfare e servizi tesi a rafforzare la coesione sociale, la partecipazione civica e la cultura dell’impegno contro mafie e corruzione per creare giustizia sociale.

Le Linee guida, infatti, concepiscono i beni confiscati alle mafie come “strumento di promozione e rafforzamento della cultura della legalità, della giustizia sociale, della solidarietà e per sostenere l’inserimento sociale e lavorativo”; un primo elemento chiaro che orienta la nuova policy del Comune che ha come obiettivo principale la promozione delle politiche del lavoro, come antidoto principale al contrasto alle organizzazioni criminali.

A rafforzare questa impostazione culturale si enuclea una vera e propria dichiarazione di principi: “i beni confiscati trasferiti al patrimonio indisponibile del Comune di Napoli, sono utilizzati esclusivamente per le seguenti finalità: istituzionale, sociale, emergenza abitativa, culturale/artistica, sportiva”.

In primo luogo va sottolineata l’importanza della parola esclusivamente la quale sottolinea che l’orientamento del Comune di Napoli è quello di riutilizzare i beni confiscati evitandone la vendita. In secondo luogo è importante notare che oltre alla definizione di aree di intervento sociale specifiche che riguardano la produzione di beni e servizi di welfare vengono introdotte, per la prima volta, altre due aree di intervento specifiche come quelle dello sviluppo artistico e culturale e quella dello sport. Due campi d’azione nuovi che rafforzano il legame tra riuso sociale dei beni confiscati e i principi dettati dall’articolo 3 e 33 della Costituzione italiana.

Un elemento da sottolineare riguarda la disponibilità del Comune a facilitare assegnazioni temporanee in fase di sequestro dei beni: una sfida che può diventare interessante proprio per il numero di beni che giacciono in fase di sequestro a Napoli, grazie alle indagini della magistratura.

Una vera e propria rivoluzione copernicana in materia, un’innovazione profonda e radicale è introdotta nel percorso di assegnazione e gestione di un bene confiscato con un processo di partecipazione e progettazione. Questo percorso è caratterizzato dall’ascolto da parte dell’Ente dei diversi attori coinvolti e dalla partecipazione della comunità in cui insiste il bene attraverso l’istituzione di due strumenti: a) Assemblee di progettazione partecipata come momenti di ascolto e definizione di ipotesi progettuali sulla base dell’incontro con la comunità e gli attori del territorio (scuole, associazioni, singoli cittadini ecc.) in cui insiste il bene; b) “Rete dei beni confiscati” la cui funzione è quella di definire una visione strategica per il riutilizzo sociale dei beni della città. La rete ha tra gli obiettivi la messa in relazione delle esperienze dei beni confiscati nel Comune di Napoli e la condivisione delle proposte all’amministrazione sulle politiche di riutilizzo sociale, tenendo conto delle esigenze emerse nelle assemblee di progettazione, la creazione della carta dei servizi dei beni confiscati del Comune di Napoli. Questo provvedimento mette insieme diversi attori dalla Pubblica amministrazione, alla comunità e ai cittadini, dagli enti gestori fino ad arrivare agli ordini professionali e alle associazioni di categoria. Un meccanismo articolato teso a rafforzare la trasparenza, la partecipazione, la co-progettazione, l’ascolto che ha come obiettivo quello di rafforzare il processo di riutilizzo sociale dei beni confiscati dentro una dinamica più aperta e democratica attraverso una vera e propria presa in carico del progetto di riutilizzo da parte della comunità.

Infine, un’altra novità sostanziale riguarda i tempi di assegnazione previsti dall’articolo 16 che recita “Gli immobili confiscati, vengono assegnati, a titolo gratuito, per un periodo di 5 anni per i beni sotto i 150 mq eventualmente rinnovabili; 10 anni per beni superiori a 150 mq eventualmente rinnovabili; 15 anni per i beni agricoli eventualmente rinnovabili, tranne in caso di comprovati finanziamenti che possano vincolare la durata dell’assegnazione al finanziamento stesso. Al termine del periodo di assegnazione il bene confiscato verrà reso disponibile per una nuova procedura di evidenza pubblica” un meccanismo che lega l’assegnazione all’effettivo progetto di riutilizzo del bene confiscato in una dimensione tesa allo sviluppo locale e di servizi di welfare ribadendo un progetto di visione nel riutilizzo dei beni.

Auspichiamo che questo modello, possa essere da esempio anche in altre città, perché i beni confiscati, al di là degli amministratori che si susseguono, possano continuare a rappresentare simboli e risorse di comunità Libere!!!