Sono trascorsi ventiquattro anni dall’approvazione della legge n. 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, voluta da più di un milione di cittadini che firmarono la petizione popolare promossa dalla rete nazionale di Libera nel 1995. Oggi sono più di 850 i soggetti del terzo settore e della cooperazione sociale che hanno avuto in assegnazione beni mobili, immobili e aziendali confiscati e sono impegnati nella loro gestione per finalità di inclusione sociale, di promozione cooperativa e di economia solidale, di aggregazione giovanile, di rigenerazione urbana, culturale e ambientale.

L’azione della rete associativa di Libera è stata orientata principalmente ad interventi di  informazione e formazione, di animazione sociale, di supporto all’Agenzia nazionale e alle Prefetture, alle Regioni, agli enti locali ed alle associazioni, di monitoraggio civico e promozione di percorsi di trasparenza e partecipazione, in collaborazione con le scuole, le università, le diocesi, i sindacati, le organizzazioni imprenditoriali e professionali. Tuttavia, il numero dei sequestri e delle confische ha raggiunto ormai una dimensione patrimoniale, economica e finanziaria considerevole tale che le competenze e gli strumenti non sono ad oggi sufficienti per i diversi soggetti pubblici e privati chiamati ad intervenire nelle varie fasi del sequestro, della confisca, destinazione e assegnazione previste nella normativa vigente (decreto legislativo n.159/2011, codice delle leggi antimafia e successive modifiche). 

A questo proposito, risulta importante l’adozione della Strategia nazionale per la valorizzazione pubblica e sociale dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione territoriali, al fine di sostenere interventi sostenibili nelle comunità di riferimento.

 

A ventiquattro anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale, oggi presa a modello in Europa ed a livello internazionale, Libera evidenzia alcuni punti rispetto ai quali chiede: 

 

1. l’attuazione della riforma del codice antimafia nelle sue positive innovazioni, nel sistema attuale delle misure di prevenzione antimafia, quale strumento efficace di contrasto patrimoniale alle mafie;

2. l’equiparazione della confisca e del riutilizzo dei beni tolti ai corrotti ed alla criminalità economica e finanziaria;

3. la garanzia di un supporto all'autorità giudiziaria durante la fase del sequestro e la trasparenza negli incarichi di amministratori dei beni;

4. la maggiore diffusione delle assegnazioni provvisorie dei beni ed il raccordo con la destinazione dopo la confisca definitiva, al fine di promuovere le buone pratiche di riutilizzo sin dal sequestro o confisca di primo grado;

5. un'Agenzia nazionale con strumenti, personale e professionalità adeguati e procedure di destinazione e assegnazione dei beni più veloci e trasparenti;

6. il rafforzamento della capacità di gestione dei beni da parte delle Amministrazioni statali, regionali e comunali ed un supporto agli enti locali nelle procedure di assegnazione alle associazioni;

7. la promozione del riutilizzo per finalità pubbliche e sociali dei beni confiscati quale destinazione prioritaria e previsione della loro vendita solo come ipotesi residuale, con verifiche e controlli adeguati per evitare la riappropriazione da parte degli stessi mafiosi;

8. l’accesso pubblico alle informazioni sui beni sequestrati e confiscati e la promozione di percorsi di monitoraggio civico e di partecipazione dei cittadini e delle associazioni;

9. la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate ed un supporto adeguato al fine di garantire la loro continuità imprenditoriale;

10. l’estensione della confisca e del riutilizzo pubblico e sociale in Europa - attraverso l’attuazione della Direttiva n. 42 del 2014 e del Regolamento sul mutuo riconoscimento del 2018 - ed a livello internazionale.