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ARGENTINA. RECUPERARE I BENI SOTTRATTI AI CRIMINALI PER AFFRONTARE LA CRISI SANITARIA ED ECONOMICA

Alas- America Latina Alternativa Social - rete promossa da Libera in Centro e Sud America, ha intrapreso nella regione diversi percorsi di giustizia sociale, memoria e pace. Tra questi, con il coordinamento delle organizzazioni partner locali, sta promuovendo tavoli di confronto tra istituzioni e società civile e proposte di legge più incisive in tema di utilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie.Lucas Manjon, referente della rete di Libera in Argentina e autore dell'articolo, è stato una figura chiave nella Fundacion Alameda, organizzazione di base partner Alas storicamente impegnata nella denuncia contro mafie e corruzioni e nel riscatto dei beni gestiti da imprese illegali in Argentina.Il concetto alla base del recupero di beni derivanti da attività criminose non si dovrebbe basare solo sull’ipotetico - e altamente giustificato - risarcimento economico che le loro vittime, dirette o indirette, meritano. Anche lo Stato, nelle sue diverse rappresentazioni, ha visto indebolire la sua integrità etica ed economica, considerando che gran parte di queste attività, catalogabili nel contesto del crimine organizzato, sono state possibili grazie alla protezione se non alla partecipazione attiva di funzionari che rappresentano lo Stato.La extinción del dominio (terminologia giuridica adottata in argentina ed in diversi paesi dell’America Latina per definire lo strumento della confisca) ha in primo luogo un fondamento simbolico. Il diritto penale è basato sull'emanazione di sanzioni e punizioni destinate a risarcire il danno procurato nei confronti della società nel suo insieme; il crimine non è commesso contro una singola persona, ma contro la società nel suo insieme e la sanzione è pertanto un risarcimento per l’intera società. Oggi ciò è ulteriormente rafforzato con l'implementazione del nuovo Codice Penale, che definisce come obiettivo centrale la "risoluzione dei conflitti".Il senso di recuperare dei beni ottenuti illecitamente è più simbolico che economico in sé. L’idea di recuperare il maltolto e rivenderlo affinché il governo abbia degli introiti è simile al criterio per cui viene disseminata una strada di telecamere più per fare cassa piuttosto che per prevenire altri incidenti.Le telecamere sulla strada devono esistere e devono servire anche per emettere sanzioni, ma non è questo il senso. Il senso ultimo delle leggi sta nel miglioramento della qualità istituzionale dello Stato stesso e nel miglioramento delle condizioni materiali ed immateriali di tutta la popolazione. Il sistema giudiziario ed il governo possono recuperare e riutilizzare qualsiasi maltolto, ma sfortunatamente finora sono stati recuperati, nella maggior parte dei casi, beni poi serviti per le campagne elettorali. Così come le telecamere devono servire a ridurre il numero di incidenti stradali e non per fare cassa, la loro disposizione geografica deve essere pianificata, definita scientificamente, per sfruttare al meglio le risorse disponibili.Le agenzie statali incaricate di recuperare e tutelare l'integrità dei beni sequestrati sono frammentate e senza un coordinamento. La Corte Suprema, i Tribunali Federali, i Pubblici Ministeri, i Ministeri di Giustizia e organismi come l’Agenzia di Amministrazione dei Beni di Stato gestiscono informazioni diverse e applicano criteri differenti per preservare lo stato ottimale delle proprietà, oltre ad utilizzare differenti strategie per il loro riutilizzo effettivo. L'art. 23 del Codice Penale consente alle autorità giudiziarie di confiscare i beni di persone accusate di diversi tipi di reati. Inoltre nell'art. 233 dello stesso Codice si autorizza l’assegnazione dei beni confiscati a una persona fisica o giuridica che ne faccia uso. Chiaramente, questa assegnazione comporta degli obblighi nei confronti del ricevente: non alterare il senso espresso dalla sentenza del giudice, prendersi cura e mantenere il valore della proprietà mentre il procedimento penale continua.Rispetto a ciò, esiste un sistema di “cambio di rotta”, qualora si fosse di fronte ad un errore giudiziario, che prevede la possibilità di far valere il principio di non colpevolezza dell’imputato, quindi la protezione dei suoi beni, così come garantiscono le leggi sulla proprietà privata. Nel caso in cui il bene dovesse essere restituito all'imputato e avesse perso il suo valore, si procederebbe ad un risarcimento economico. Oggi il governo sa di avere a disposizione anche questo strumento, che è ancora meno farraginoso di quelli proposti dalla legge e dal decreto presentato a scaglioni.Di fatto anche l'argomentazione relativa alla presunzione di innocenza e alla garanzia del diritto alla proprietà privata che può frenare l’iter del recupero, del riutilizzo e del risarcimento (le 3R della dottrina dell’antimafia), adottata da diversi comparti del sistema giudiziario, non è corretta. Oggi, la maggior parte delle persone detenute per qualsiasi tipo di crimine e ancora in attesa di una sentenza, che sia per rapina, per furto o per reati legati alla criminalità organizzata, se alla fine risultano innocenti non solo hanno una grave perdita economica rispetto ai beni ed al loro sostentamento quotidiano, ma perdono anche giorni di libertà, rinchiusi in luoghi che di solito non sono villaggi turistici o centri ricreativi.I beni che sono sottratti ad una persona risultata poi innocente possono essere risarciti, ma il tempo tolto ad una persona che è stata ingiustamente detenuta, no.La extinción del dominio non dovrebbe basarsi su una mera restituzione di denaro per uno Stato che già ha una mal gestione delle proprie risorse. Tribunali e pubblici ministeri inutilizzati e disseminati in tutto il paese, vecchi e fatiscenti edifici che rendono difficile il funzionamento della magistratura, case e locali commerciali affittati come tribunali e/o pubblici ministeri, autorità giudiziarie di provata disonestà che continuano ad esercitare e tanto altro in un paese che, presumibilmente invece, cerca di progredire.Dall'11 marzo l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha decretato lo stato di pandemia in tutto il pianeta. I governi di tutto il mondo corrono contro il tempo per garantire l'assistenza sociale, economica e sanitaria dei propri cittadini. Paesi con economie deboli e superpotenze economiche si trovano nello stesso stato di impotenza nei confronti di un virus – il Covid 19 - che non fa distinzione tra confini territoriali e di classe, ma che si distingue molto rispetto ai sistemi economici in cui si imbatte. I dati che la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e i diversi organismi economici sovranazionali si sono incaricati di dichiarare fino alla nausea, ci raccontano che le economie nazionali e i loro cittadini sono totalmente esposti non solo al virus, ma alla fame, alla povertà e alla disperazione.Su questo stesso argomento è intervenuto Papa Francesco che in due delle sue ultime omelie ha dichiarato di pregare “per le persone che in questo periodo di pandemia fanno affari con i bisognosi. Sfruttano i bisogni degli altri e li vendono: i mafiosi, gli usurai e molti altri". Inoltre ha chiesto "che il debito che pesa sui bilanci dei paesi più poveri venga ridotto o addirittura estinto".I mafiosi e gli usurai che Papa Francesco ha ripetutamente denunciato sono coloro che inficiano quotidianamente sull’apporto che la società ha dato allo Stato per garantire i diritti dei cittadini. È necessario che i beni di tutti questi mafiosi e usurai siano messi al servizio delle persone più bisognose. I poveri, i vulnerabili, le donne vittime di violenza di genere, le vittime di sfruttamento sessuale, gli schiavi, gli operatori sanitari, i malati, gli impiegati, i trasportatori, gli anziani, i giovani e la società tutta in generale, dovrebbero essere tutelati in questa pandemia, che non riguarda solo il virus, ma anche la diffusa cultura mafiosa, l’egoismo e l’avidità.Gli immobili confiscati, come i veicoli, i macchinari e i soldi che rientrano in questo quadro giuridico, devono essere consegnati nelle mani dello Stato e utilizzati attivamente per affrontare la crisi sanitaria ed economica che mette in pericolo la salute dell'umanità e che, a detta del nostro presidente Alberto Fernández, è prioritaria rispetto all’economia.Che lo Stato riesca finalmente a risarcire i danni a cui è stato sottoposto attraverso il meccanismo delle 3R sarebbe un elemento in più da considerare in questa situazione di crisi. Sarebbe anche un segno di cambiamento e speranza.  Una svolta per costruire una democrazia forte, in reazione alla concentrazione economica ed alla mafiosità.Lucas ManjonFonte:Cronicas PorcinasTraduzione: Francesco Quarta

Uno SPAZIO DELLA MEMORIA PER “CASANOSTRA”, a GIUSSANO (Monza Brianza)

Per IL MOSAICO - associazione di volontariato l’occasione d’incontro e relazione con studenti tramite i percorsi di alternanza scuola e lavoro sono fondamentali e particolarmente importanti. Inclusione e legalità sono i temi portanti dei progetti rivolti a Casanostra, e su questi due valori abbiamo costruito un percorso con gli studenti e le studentesse della classe 4 B Liceo artistico statale Villa Reale “Nanni Valentini” di Monza, che hanno lavorato ad una progettazione di uno spazio della memoria al piano interrato di Casanostra, Giussano (MB), accompagnati da noi a dalla professoressa tutor Francesca Cazzaniga. Un’occasione per imparare e sentirsi cittadini attivi!In fondo all’articolo troverete le proposte progettuali complete della classe coinvolta e qui di seguito i commenti degli studenti e delle studentesse coinvolte nel progetto:Virginia, Mattia, Mitch“Non conoscevo il problema mafia nelle vicinanze di casa mia, la vivevo come una cosa lontana dalla mia realtà quotidiana. La cosa mi ha sconvolto. Sapevo di qualche bene sequestrato, Desio, Seregno ma non sapevo bene di cosa si stesse parlando”.   “ Facciamo finta di non vederla, non mi ero reso conto del problema , questo progetto mi ha fatto riflettere”.  “Sapevo della mafia in Brianza ma non sapevo che i rapimenti fossero a scopo estorsivo e i soldi recuperati così, andassero ad alimentare le mafie . Non sapevo che i beni sequestrati potessero essere riutilizzati per associazioni no profit”. Sara, Giulia, Elisa“ Conoscevo il fenomeno mafioso in generale. Ho parenti in Campania che hanno terre e  conosco le azioni del la Camorra. Di questo lavoro mi è piaciuto l’andare sul luogo. E’ stato toccante anche per la mia esperienza personale, ho parenti disabili. Capisco meglio la necessità di renderli autonomi. Creare uno spazio così in questa struttura è  sicuramente significativo. A Milano corriamo molto e fermarsi a riflettere serve molto, questi luoghi ci aiutano”. “ Molto coinvolgente dal punto di vista emotivo e progettuale, il lavoro di gruppo è stato utile perché abbiamo lavorato su un progetto vero e abbiamo avuto la possibilità di esporre il nostro pensiero e di confrontarci.”  “Bello lavorare su un progetto reale”.Federico, Gianmarco, Alessandro“Interessante capire che mafia e attività di lucro non coinvolgono solo il sud ma anche il nord”.  “Interessante conoscere le modalità attraverso le quali la mafia arriva a noi. In particolare attraverso l’edilizia che mi tocca da vicino ( studio architettura)”. “Interessante perché di solito si sente solo parlare, qui abbiamo partecipato in prima persona al progetto, siamo stati aiutati  a capire il fenomeno e  a nostro modo mi sento di aver ostacolato le mafie.” Sara, Giulia, Lisa“ In seconda abbiamo fatto un lavoro con la prof. di lettere,si è sempre detto che il fenomeno è anche al nord ma non avevo mai toccato con mano il problema”.  “ Il fatto di andare sul luogo mi ha fatto riflettere, così come le storie lette nel seminterrato e poco o per niente conosciute da noi , persone di cui non si sente parlare nei telegiornali. Il mondo delle mafie è molto più grande di come lo immaginavo”. “Non sapevo come venissero utilizzati questi beni. Interessante dare il nostro contributo al progetto”.Leonardo, Jacopo, Yuri“ Bello il fatto che questa associazione si sia affidata a dei ragazzi per il loro progetto e interessante il fatto che col loro progetto di riutilizzo come luogo della memoria vogliano opporsi all’operato delle mafie”. “Avevo già fatto incontri del genere, ma qui i protagonisti siamo stati noi. Avere un progetto così importante tra le mani mi ha coinvolto in modo diretto”. “ Sono sorpreso del riutilizzo fatto dall’associazione perché il luogo è stato dedicato ad altro, è cambiata la destinazione d’uso dei locali rispetto a ciò che avevano predisposto le mafie ( uso residenziale). Questo mi è piaciuto” Martina, Chiara, Eloisa“ Interessante perché il progetto non è stato semplice didattica ma abbiamo lavorato per un luogo vero.  Avrei preferito che l’intera casa fosse dedicata a memoriale in questo modo l’edificio sarebbe stato più incisivo sulla città.” “ Mi è piaciuto vedere come questo posto è stato trasformato. Ho incontrato persone della mia età che hanno acquisito indipendenza. Sono contenta che il progetto verrà realizzato.” Proff.sa Laura Mascheroni“E’ stata un’occasione di grande riflessione su ciò che accade intorno a noi. Spesso gli eventi sono sotto i nostri occhi ma non li sappiamo vedere. Dal punto di vista didattico i ragazzi hanno potuto lavorare in gruppo, confrontare i propri pensieri e collaborare alla realizzazione di un unico progetto valutando pregi e difetti di ogni soluzione. Il lavoro in team accresce in ognuno di noi l’apertura verso l’altro e rafforza la propria individualità.  Credo che queste siano esperienze importanti anche in rapporto ai temi di “Cittadinanza e Costituzione” più volte citati anche in merito all’Esame di Stato.L’apprendimento passa anche attraverso le emozioni e l’accoglienza che abbiamo ricevuto dal gruppo dei ragazzi di Giussano è stata sicuramente significativa. Davvero emozionante il momento di riflessione nel seminterrato con luci e letture e calorosa la condivisione della merenda.”a cura di Fabio Terraneo (direttore del progetto sociale Casanostra)

Benevento: pubblicato il dossier sui beni confiscati nel Sannio

I BENI CONFISCATI NEL SANNIO: UNA SFIDA  DA COGLIERE , UN'OPPORTUNITA' DA COSTRUIRE. Con questo titolo, è stato dato alle stampe il dossier realizzato dal Coordinamento provinciale di Libera Benevento, di cui vi avevamo anticipato la pubblicazione qualche tempo fa (qui l'articolo). Il lavoro, attento e documentato, è una fotografia della situazione dei beni confiscati sul territorio della provincia di Benevento: dati, immagini, documenti, notizie raccolte ed elaborate nello spirito più autentico del monitoraggio civico. È possibile scaricarlo in fondo alla pagina. Abbiamo chiesto al Referente provinciale di Libera Michele Martino di parlarcene. Questo è il suo racconto. Questo lavoro è stato realizzato con il cuore, "per amore del nostro popolo".È la naturale conseguenza di una insofferenza civica alimentata da una concreta speranza, quella che, nel mutuare le parole di Don Tonino Bello, ti fa arrabbiare nel vedere le cose che non vanno bene, ma nel contempo ti dà il coraggio di volerle vedere diverse e cambiate. Occhi aperti per scoprire, mani tese per sporcarsele e scarponi ai piedi per battere sentieri e terreni mai conosciuti prima, anche da un punto di vista culturale. Questo è stato lo stile che abbiamo provato ad adottare. Abbiamo cercato di coniugare passione, coinvolgimento, denuncia, competenza tecnica ed anche tanta minuziosità, per far sì che il "Dossier" divenisse uno strumento utile e rivoluzionario per tutto il territorio, da sempre considerato "un'isola felice", che non avrebbe mai immaginato la presenza dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Un territorio che, rispetto a specifiche tematiche, si dimostra prevalentemente distratto, dormiente, timido ed a tratti connivente.  Determinante è stata l'adesione all'edizione 2018 del "Festival dell'impegno civile", unico nel suo genere, in quanto si svolge esclusivamente sui beni confiscati, caratterizzandosi con un cartellone di eventi itineranti che fanno tappa in diversi territori. Evento promosso dal Comitato don Peppe Diana e dal Coordinamento Provinciale di Libera Caserta.In tale circostanza abbiamo acceso i riflettori sul tema dei beni confiscati, chiamando in adunata tutte le realtà associative ed istituzionali, incontrandoci per la prima volta, a Benevento, dinanzi ad un bene confiscato, l'ex cementificio Ciotta.Lo stesso abbiamo fatto anche nel 2019, ma con respiro diverso, organizzando, nella stessa giornata, un tour sui beni confiscati destinati e non ancora riutilizzati, presenti nel territorio Sannita. Occasione propizia per incontrare anche le comunità locali e le Istituzioni. Il tour si concluse a Melizzano, Comune che ospita l'unica realtà virtuosa presente nel Sannio. Un bene confiscato che è diventato un'eccellenza in tutta la Campania, nel riciclo dei rifiuti Raee. Ma la partecipazione all'edizione 2019 del Festival dell'impegno civile ebbe un profilo politico ben preciso: avevamo deciso che il fine ultimo doveva essere l'assunzione di impegni concreti da parte delle Istituzioni e delle comunità coinvolte e la realizzazione di un Dossier da parte del Coordinamento Provinciale di Libera Benevento. L'ideazione del Dossier e la sua realizzazione sono state un percorso formativo, di presa di coscienza, di lavoro comunitario, dove ognuno ha donato le proprie competenze. Evidenziamo il capitolo tecnico, curato con grande oculatezza, che, come detto in prefazione dal  Procuratore della Repubblica di Benevento, Dott. Aldo Policastro, costituisce "un lavoro degno di un qualificato centro di ricerca e/o di un Ateneo Universitario".  È stata anche l'occasione per assemblare le iniziative che avevamo messo in campo fino ad allora.La foto di copertina ha un valore di denuncia e di stimolo. Da anni, siamo in attesa da parte della Prefettura di Benevento, della convocazione di un tavolo istituzionale, per iniziare un percorso, ampio e diffuso, finalizzato all'assegnazione del bene ed alla sua "rinascita". La mattina del 23 Maggio, in occasione della ricorrenza della strage di Capaci, ci siamo recati nuovamente dinanzi al bene, deponendo una bandiera tricolore con la scritta "Capaci" di riutilizzare il bene. È doveroso segnalare che, pochi giorni fa, è pervenuta la convocazione da parte della Prefettura del capoluogo Sannita. "Non una conclusione, ma un inizio". Il dossier è solo la tappa di un cammino che dovrà avere, come meta finale, il riutilizzo sociale ed istituzionale di tutti i beni attualmente destinati ai comuni della provincia di Benevento. Sensibilizzeremo anche tutti i Comuni che presentano beni confiscati e che attualmente sono ancora in capo all'Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati. Sentiamo profondamente la responsabilità delle parole pronunciate da Claudio Fava, in occasione dell'Assemblea Nazionale di Libera del 2019, quando affermò con profonda convinzione che "la credibilità dello Stato nella lotta alle mafie dipende molto anche dal riutilizzo dei beni confiscati alle criminalità organizzate". Il dossier termina  andando alle origini del nostro impegno: la memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie. Dedicheremo tutte le nostre energie, provando a fare del nostro meglio, nel dare corpo ed anima all'inscindibile binomio Memoria ed Impegno.Michele Martino, Referente provinciale di Libera a Benevento 

Arriva il primo bando per l'assegnazione diretta dell'ANBSC di beni confiscati

L'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata pubblicherà nelle prossime settimane il primo bando per l'assegnazione diretta di immobili a enti del terzo settore.  Si tratta di una vera e propria innovazione, che mette in pratica l'articolo 48 comma 3 lettera c-bis del Codice Antimafia e realizza quanto descritto nelle “Linee guida per l’amministrazione finalizzata alla destinazione degli immobili sequestrati e confiscati”che l'Agenzia ha pubblicato a Ottobre 2019.  Il bando, oltre a riconoscere ancora con più convinzione il valore etico del riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, si ispira ai principi metodologici della coesione e della protezione sociale, dell'inclusione anche lavorativa e della cooperazione sociale, della sostenibilità economica, e soprattutto ambientale. Principi che ritroviamo nella “Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie attraverso le politiche di coesione” e che da venticinque anni guidano l'azione di promozione sociale e di animazione territoriale della rete associativa di Libera.  L'Agenzia pubblicherà un bando per l’assegnazione di oltre tremila unità immobiliari, alcuni dei quali non destinati alle Amministrazioni statali e locali nell’ambito delle ordinarie procedure, per un periodo di assegnazione di dieci anni, rinnovabili una sola volta. Nella fase di attribuzione del punteggio, è prevista una clausola di preferenza per le proposte progettuali corredate da una dichiarazione di intenti da parte di una delle amministrazioni locali, che attesti la condivisione del progetto e la volontà di acquisire la proprietà del bene.  Sono cinque gli ambiti di progettazione già individuati dall'Agenzia nazionale, tra i quali si potranno scegliere al massimo due diverse linee progettuali; queste le aree:  Area Sociale (per esempio: attenzione alla famiglia e alla disabilità; progetti di co-housing; progetti a sostegno della popolazione immigrata)Area Salute e Prevenzione (tra cui lo sport, l'agricoltura sociale e la tutela delle specie animali)Area Occupazione e Ricerca (con progettazioni attente alla formazione professionale e longlife learning e allo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica)Area Cultura (per sostenere progetti rivolti alla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, per attività turistiche e per sostenere progetti della Memoria)Area Sicurezza e Legalità (con riguardo a progettazioni attivate dalla Protezione Civile, per attività contro le devianze e a sostegno delle donne vittime di violenza).  L'Agenzia, inoltre, si impegna a sostenere anche economicamente i progetti presentati, grazie alle risorse inserite nella legge di bilancio (legge n.160\2019) che prevede un fondo di 1 milione di euro annui, per il triennio 2020-2022.  Si tratta di un’iniziativa importante, che potrà velocizzare l'iter di assegnazione dei beni confiscati alle mafie e ai corrotti e dare un nuovo impulso all’azione di coesione sociale svolta dal terzo settore, dal volontariato e dalla cooperazione così fondamentale in un periodo di emergenza sociale legata alle conseguenze della pandemia.  Per approfondire la notizia, qui due link utili:  “Per i beni confiscati alle mafie arriva l'assegnazione diretta”, Avvenire, 27 maggio 2020“Primo bando per l’assegnazione diretta al Terzo settore di beni immobili confiscati”, sito del Ministero dell'Interno, 26 maggio 2020

Gli immobili confiscati nella provincia di Forlì-Cesena: un progetto di data journalism

Un sito internet dedicato agli immobili confiscati alle mafie nella provincia di Forlì-Cesena (https://beniconfiscatifc.wixsite.com/beni-confiscati-fc): è il risultato del lavoro che abbiamo svolto per il corso di “Data journalism e giornalismo multimediale”, nell’ambito del Master in Giornalismo dell’Università di Bologna.Fin dall’inizio del corso, tenuto dal giornalista Andrea Nelson Mauro, ci è stato chiesto di dividere la classe in nove gruppi per lavorare su altrettanti progetti a tema “riutilizzo degli immobili confiscati alla criminalità organizzata” nel territorio emiliano-romagnolo. A ciascun gruppo è stata poi affidata una specifica provincia. Noi tre (Francesca, Elisa, Federica) abbiamo deciso di dedicarci a Forlì-Cesena: una di noi è originaria proprio del Cesenate. Sull’essere una buona squadra non abbiamo mai avuto dubbi perché un affiatamento particolare ci lega fin dall’inizio del Master.Il corso di “Data journalism” è cominciato a inizio febbraio 2020 con le lezioni nella sede del Master, in centro a Bologna, per poi concludersi a inizio aprile con l’esame finale. Quest’ultimo, così come la seconda parte delle lezioni, si è svolto online.Da un punto di vista operativo, la prima fonte che abbiamo consultato per reperire i dati, su indicazione del docente, è stata il portale “Open Re.G.I.O.”. Abbiamo poi svolto un’attività di fact-checking su internet, cercando informazioni sui siti dei giornali, sullo stesso sito “Confiscati Bene” e nella sezione “Amministrazione trasparente” dei siti dei Comuni. Questi li abbiamo consultati anche attraverso l’invio di specifiche richieste FOIA (Freedom of Information Act).In un secondo momento, abbiamo individuato tre immobili di cui approfondire la storia, dalla confisca alla riassegnazione, fino ad arrivare al riutilizzo finale. Sono l’ex Colonia Prealpi a Cesenatico, la Casa di accoglienza per profughi e richiedenti asilo a Cesena e la Casa della Legalità a Forlì. Il nostro desiderio sarebbe stato quello di realizzare questi approfondimenti con visite sul posto. Ma questo non è poi stato possibile per via delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria e, pertanto, abbiamo svolto le interviste telefonicamente.Infine, abbiamo deciso di presentare il nostro lavoro attraverso un sito internet specificamente dedicato, organizzato in cinque episodi. Il primo fornisce una panoramica generale sugli immobili confiscati nella provincia, i tre centrali sono dedicati agli approfondimenti e nell’ultimo si trovano informazioni sintetiche sugli altri immobili confiscati (sempre in provincia di Forlì-Cesena). In fondo alla home page del sito, abbiamo inserito un modulo attraverso il quale è possibile contattarci.Questo progetto ha rappresentato per noi tutte un importante momento di crescita professionale e personale. Infatti ci ha permesso, da un lato, di iniziare a muovere i primi passi nell’ambito del data journalism e, dall’altro, di accostarci al tema del riutilizzo dei beni confiscati alle mafie. Francesca DelvecchioElisa GrossiFederica Nannetti

I beni confiscati riutilizzati per finalità sociali: palestre di vita in tempo di pandemia

“Palestre di vita”, così li aveva definiti Papa Francesco, il 21 settembre 2017 (giorno  dell’anniversario del giudice Rosario Livatino, vittima di mafia) nell’incontro con i membri della Commissione parlamentare antimafia.  “I beni confiscati alle mafie e riconvertiti ad uso sociale rappresentano delle autentiche palestre di vita”... e poi aveva aggiunto “lottare contro le mafie significa anche bonificare, trasformare, costruire”.In questo periodo di pandemia, tra le tantissime iniziative di solidarietà e corresponsabilità nei confronti delle persone più fragili e bisognose, un ruolo importante lo stanno avendo anche quelle realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle organizzazioni criminali.Sono associazioni, cooperative, diocesi, parrocchie, caritas, gruppi scout, organizzazioni di volontariato, enti di promozione sportiva, centri culturali e fondazioni - più di 850, in Italia, quelle individuate in un censimento della rete nazionale di Libera - impegnate nel rafforzare quel senso di comunità che, oggi ancora di più, è condizione indispensabile per fare in modo che insieme all'emergenza sanitaria non esploda, in tutta la sua disperazione, anche l'emergenza sociale.Tante di queste realtà, in quei terreni, ville, appartamenti, locali e magazzini sottratti ai mafiosi, oggi preparano e consegnano i pasti alle persone in quarantena e forniscono frutta, verdura e prodotti alimentari, ospitano familiari di persone in cura, organizzano lezioni e servizi educativi online per studenti e giovani, attivano servizi di ascolto e di assistenza rivolti a tutti coloro che vivono in stato di bisogno e povertà. Offrono, altresì, un reinserimento sociale alle persone con disagio fisico e psichico, un’opportunità di lavoro dignitoso - in particolar modo alle persone migranti vittime dello sfruttamento in agricoltura - ed uno spazio abitativo a coloro che non ne hanno ed ai senza fissa dimora.Anche l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e le Prefetture stanno assicurando la loro collaborazione alle amministrazioni regionali e comunali ed alle associazioni, in questo periodo di emergenza sanitaria.Alla Regione Calabria sono stati assegnati temporaneamente ed in via d’urgenza due immobili in confisca definitiva che hanno reso immediatamente disponibili 36 stanze ed è stata altresì offerta la possibilità che vengano assegnati ulteriori spazi.Aderendo alla richiesta della Regione Sicilia, l'Agenzia ha messo a disposizione della sanità regionale la struttura alberghiera San Paolo Palace di Palermo, definitivamente confiscata ad un imprenditore legato ai fratelli Graviano, mandanti – tra i tanti gravi delitti - dell’omicidio di don Pino Puglisi nel quartiere Brancaccio. La struttura viene utilizzata per le esigenze di isolamento personale relative al contenimento del contagio, in virtù di un accordo con l’Azienda sanitaria provinciale di Palermo.  Su richiesta del Comune di Castel Volturno in provincia di Caserta, è stato assegnato, in comodato d’uso gratuito temporaneo, un opificio industriale, facente parte del patrimonio aziendale di una società interamente confiscata, che verrà adibito a sito di stoccaggio delle derrate alimentari destinate alle persone in condizione di indigenza. Questa iniziativa – che si colloca nell’ambito della recente ordinanza di Protezione civile in materia di solidarietà alimentare - nasce dalla necessità di assicurare il mantenimento dei servizi di sostegno ai non abbienti.La situazione dei centri di accoglienza per le persone migranti e del lavoro in agricoltura, settore oggi particolarmente in difficoltà anche in conseguenza dell’attuale emergenza sanitaria, è stata esaminata recentemente da alcune Prefetture. Per migliorare le condizioni negli insediamenti in cui si trovano numerose persone migranti nella Piana di Gioia Tauro, sono state decise le seguenti linee di intervento:attivazione immediata di specifiche misure sanitarie;intensificazione delle iniziative di mediazione culturale finalizzate a favorire l'inserimento sociale e lavorativo dei migranti, anche al di fuori del territorio provinciale;individuazione di idonee sistemazioni alloggiative, anche attraverso la verifica della disponibilità di beni confiscati alla criminalità organizzata.Attraverso queste significative iniziative pubbliche e private, trova nuova conferma l’utilità sociale dei beni confiscati in un frangente che richiede massimo spirito di collaborazione tra enti pubblici e terzo settore, come ci insegna la storia dei 25 anni della legge n.109/96, improntata ai principi dell’etica della responsabilità.Nell’ottica del riutilizzo dei beni confiscati, infatti, le mafie vengono lette come una questione sociale che affonda le sue radici nella corruzione, nell’indifferenza e nell’individualismo, cioè come un male che può essere vinto solo attraverso un impegno collettivo per ridurre le diseguaglianze e promuovere percorsi di coesione territoriale.Ma il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare allo sforzo dell'intero Paese, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità nell’agenda politica, a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali.Confiscatibene.it, in questi giorni, ospiterà le immagini, le foto, le parole ed i pensieri provenienti dai beni confiscati, dal nord al sud Italia, attraverso un racconto collettivo che vuole contribuire ad alimentare sempre più – e insieme - la speranza. Qui di seguito, una breve descrizione di alcune delle tante iniziative in corso:- Cascina Caccia, bene confiscato a San Sebastiano da Po (Torino), gestito dal Gruppo Abele e dall’associazione Acmos. Qui i ragazzi che vivono in Cascina hanno preso accordi con il Comune per mettersi al servizio del territorio: consegnando i pasti alle famiglie in quarantena, permettono così di ricevere gli aiuti necessari senza dover lasciare le proprie abitazioni.- Il Performing Media Lab, bene confiscato a Torino, gestito dall’associazione Acmos, uno spazio creativo ed espositivo, ha lanciato una call per artisti per creare una mostra virtuale e visitabile a tutti, attraverso i canali social del Performinmedialab, di Libera Piemonte e di Acmos. L'idea è quella di spingere a trasformare solitudine e noia in creazione e ad analizzare questo momento storico e sociale attraverso tutti i mezzi di comunicazione disponibili.- A Garbagnate Milanese (MI), alla Bottega del grillo, bene confiscato gestito dalla cooperativa Il Grillo parlante, i volontari stanno collaborando con la caritas ed i servizi cittadini per continuare ad essere al servizio della comunità. Si assicura un supporto all’iniziativa #laspesasospesa e si sta progettando la creazione di un #smilebox: un paniere contenente anche prodotti provenienti dai terreni confiscati alle mafie. Prodotti utili per i tanti momenti di consumo nell’arco della giornata, per non rinunciare alle scelte giuste anche rimanendo a casa.- A Milano, l’associazione Il Balzo - che da più di venticinque anni opera per i disabili e i minori in difficoltà ed attualmente gestisce due beni confiscati alla criminalità organizzata - in questo momento di difficoltà ha deciso di attivare l’educativa a distanza, con appuntamenti settimanali. Si pensa anche ai genitori con percorsi di ascolto via remoto (curati da una psicoterapeuta), mentre per i minori vengono distribuiti compiti stampati per chi non ha dispositivi per la didattica a distanza. Per le famiglie in difficoltà, i volontari provvedono a distribuire pacchi alimentari, fanno segretariato sociale e video conferenze.- La sartoria Borseggi è un progetto della cooperativa sociale Opera In Fiore che promuove il lavoro per l'inclusione sociale contro recidiva e pregiudizio nel carcere maschile di Milano-Opera. Per l'emergenza sanitaria, si stanno confezionando mascherine per tutto il carcere che ospita più di 1.200 persone detenute. La cooperativa ha in gestione un terreno agricolo confiscato alla mafia, a Milano, dove sta creando percorsi di riqualificazione urbana, di giustizia riparativa e di volontariato con detenuti in permesso, messi alla prova e cittadinanza.- A Legnano (Milano), l’associazione Cielo e Terra gestisce un appartamento confiscato dedicato all’housing, ovvero all’accoglienza di persone con disagio abitativo. In questo periodo, l’associazione fornisce un servizio di ascolto soprattutto telefonico agli ospiti, per assicurarsi che tutti abbiano da mangiare, in collaborazione con le parrocchie e le caritas cittadine, oltre che con i buoni per l’emergenza alimentare erogati dal Comune. - L’associazione Andrea Tudisco, a Roma opera per tutelare il diritto alla salute dei bambini, tramite attività di supporto alle strutture sanitarie pubbliche offrendo gratuitamente ospitalità e assistenza ai bambini con gravi patologie e alle loro famiglie, presso un appartamento confiscato e restituito ad una finalità sociale. In questi giorni ha messo a disposizione uno sportello telefonico, per un servizio di ascolto qualificato, specificatamente pensato per un sostegno in questa emergenza.- L'Angsa Lazio, sezione regionale dell'associazione dei genitori di soggetti autistici, è impegnata nel riutilizzo sociale di una villa confiscata nel quartiere di Roma Campo Romano/Romanina. In questi giorni l'Angsa Lazio ha attivato uno sportello di sostegno online, per offrire consulenza, supporto e conforto per far sentire meno abbandonate le famiglie.- Nella "Palestra della legalità" di Ostia, realizzata in un edificio confiscato alla mafia, si stanno organizzando lezioni gratuite sui social, e non solo per i propri iscritti. "Talento&Tenacia" è il progetto che vede coinvolto anche un altro bene confiscato, il centro sportivo "don Pino Puglisi", nella borgata Montespaccato a Nord di Roma, frutto dell'impegno dell'ex Ipab "Asilo Savoia", al quale i beni sono stati assegnati grazie alla collaborazione tra il Tribunale di Roma e la Regione Lazio. Asilo Savoia consente a cinquanta famiglie in situazioni di disagio economico di ricevere assistenza alimentare, tramite la rete degli empori solidali della caritas. - Il Consorzio NCO e le cooperative sociali che ne fanno parte si sono messe al servizio con diverse attività. Ad Aversa (Caserta), presso la Fattoria sociale Fuori di Zucca, è possibile utilizzare le aree verdi in gestione per il benessere delle persone con disagio psico-fisico. A Teano (Caserta) la Strada cooperativa sociale onlus, si occupa della distribuzione di mascherine e generi alimentari di prima necessità, in collaborazione con il Centro operativo comunale di Teano. Collabora con il Centro Speranza della diocesi Teano-Calvi al quale vengono donati i ceci coltivati sul bene confiscato dedicato alla vittima innocente di camorra Antonio Landieri. Ha, inoltre, messo a disposizione Casa Miché per l'isolamento-quarantena di coloro che sono stati a contatto con persone positive al Covid-19. A Cellole e Sessa Aurunca (Caserta), la cooperativa sociale "Al di là dei Sogni" partecipa al Centro operativo comunale per la distribuzione alimentare, di farmaci ed il disbrigo di pratiche amministrative coordinate dalla protezione civile. Partecipa, altresì, alla raccolta e distribuzione alimentare delle parrocchie San Marco e San Vito e Santa Lucia.- A Pignataro Maggiore (Caserta) la cooperativa Apeiron aderisce alla rete territoriale Pignataro solidale, fornendo pasti alle persone fragili del territorio, in collaborazione con la Protezione civile.- Ad Afragola (Napoli), alla Masseria Antonio Esposito Ferraioli i prodotti coltivati negli orti urbani sono stati raccolti e donati alle famiglie in difficoltà, in collaborazione con le parrocchie del territorio. Uno sforzo enorme, soprattutto per gli oltre centoventi affidatari degli orti.- A Quindici (Avellino), la cooperativa OasiProject, presso il maglificio 100quindicipassi, in una villa confiscata e dedicata alla vittima innocente di camorra Nunziante Scibelli, ha attivato la produzione di mascherine, grazie ad un protocollo con l’Ente Parco regionale del Partenio e di altri enti e associazioni del territorio. La prima produzione è stata donata ai comuni del circondario.A Cerignola (Foggia), la cooperativa Pietra di scarto, che coltiva terreni confiscati ed è impegnata nella costruzione di una filiera etica di produzione, trasformazione e commercializzazione del pomodoro presso il laboratorio dedicato a Francesco Marcone, vittima innocente della mafia, ha avviato la campagna “chi fa per sé, fa per tutti”, prevedendo per ogni pacco di prodotti venduti, un altro in donazione alla caritas diocesana, che da anni collabora con la cooperativa e che in queste settimane è in prima linea per sostenere tante famiglie in difficoltà.A Valenzano (Bari), la cooperativa sociale Semi di Vita, che gestisce terreni confiscati, ha lanciato l'iniziativa "donala o aspettala" per autosostenersi in questo momento di difficoltà economica e donare a chi ha bisogno, in rete con le amministrazioni comunali e altre realtà (le caritas parrocchiali, l'associazione Avanzi Popolo ed i presidi territoriali di Libera). Prima di tutti, le famiglie che curavano i filari negli orti urbani.- La cooperativa sociale Terre di Puglia - Libera Terra ha donato i propri prodotti all'Auser di Mesagne (Brindisi), impegnata a raccogliere beni di prima necessità da destinare agli anziani bisognosi.- A Isola di Capo Rizzuto (Crotone) la cooperativa Terre Joniche - Libera Terra ha dato in prestito attrezzature agricole per l’igienizzazione di spazi pubblici da parte della protezione civile. Sono stati messi a disposizione della Croce Rossa di Crotone un capannone ed alcuni mezzi per lo stoccaggio e la distribuzione di generi di prima necessità.- A Polistena (Reggio Calabria) l'associazione Il Samaritano, realtà che gestisce una palazzina confiscata alla ‘ndrangheta, ha attivato un servizio di assistenza gratuita rivolta agli anziani e a tutti coloro che vivono in situazioni di povertà. Sono tante le richieste per il ritiro e l'acquisto di farmaci, l'acquisto di beni di prima necessità, il pagamento di bollette, la consegna di viveri a domicilio.Sempre a Polistena, la cooperativa Valle del Marro - Libera Terra ha dato la sua disponibilità a venire incontro alle necessità del Comune e della parrocchia a supporto della gestione dell’emergenza in atto.- La cooperativa Beppe Montana - Libera Terra, a Lentini (Siracusa) ha donato i propri prodotti alla parrocchia del territorio per i più bisognosi.- Il Consorzio Libera Terra Mediterraneo, di San Giuseppe Jato (Palermo), ha deciso di donare il 10% del ricavato della vendita dei prodotti su “La Bottega di Libera Terra”, dal 22 marzo al 22 aprile 2020, all’Ospedale Vincenzo Cervello di Palermo, struttura ospedaliera selezionata per l’accoglienza delle persone contagiate. Ha previsto, inoltre, la donazione di prodotti alla caritas diocesana di Palermo per le famiglie in difficoltà.- A San Giuseppe Jato e San Cipirello (Palermo), le cooperative Placido Rizzotto – Libera Terra e Pio La Torre – Libera Terra hanno dato la disponibilità a fornire i propri prodotti alla protezione civile del territorio. Davide Pati, vicepresidente di Libera

Beni di Memoria: il riutilizzo sociale dei beni confiscati come strumento di memoria viva.

Esistono luoghi nel nostro Paese che “rendono visibile ciò che non lo è” (Pierre Nora, Les Lieux de Mémoire). Sono luoghi parlanti, in grado di diventare veicolo e strumento di conoscenza, di sapere, di identità, di storia e storie. Luoghi la cui funzione, straordinariamente importante per la stratificazione della cultura collettiva, è quella di resistere al tempo, all’oblio, alla dimenticanza. E, in ultima analisi, di tracciare percorsi che, dalla memoria, siano in grado di far germogliare frutti di impegno e responsabilità.Sono i luoghi della memoria, elementi simbolici che stabiliscono, individualmente e collettivamente, relazioni profonde con chi ne fa esperienza. Luoghi di pedagogia.Nel percorso che, dal 1996, ha segnato il lavoro di Libera per il riutilizzo sociale dei beni sottratti ai clan e per la valorizzazione delle esperienze di riutilizzo, il nesso profondissimo tra memoria e beni confiscati non è stato mai abbandonato. È sempre parso fondamentale affiancare alla dimensione repressiva, a quella politica, a quella economica, legate indissolubilmente al riutilizzo sociale dei beni confiscati, quella, altrettanto fondamentale, culturale e sociale. Questi luoghi, trasformati da beni esclusivi a beni di comunità, sono diventati, giorno per giorno, strumento educativo, testimonianza concreta di un’antimafia dei fatti che si sposa con lo sforzo di garantire a tutti dignità e giustizia. Non può sfuggire quanto fosse importante che questi luoghi diventassero anche il segno, anch’esso assai concreto, di una memoria viva. Ecco perché si sono moltiplicate, in tutta Italia, esperienze di riutilizzo dedicate alle vittime innocenti delle mafie. E, con loro, i prodotti, i frutti della terra realizzati a partire dai prodotti coltivati in quei beni, che delle vittime innocenti portano il nome.VIVI, il portale digitale della memoria che Libera ha voluto per raccogliere le storie di tutte le vittime innocenti delle mafie, si è fatto carico di mappare questi luoghi. La Mappa dell’impegno è diventata così, nel tempo, un viaggio nella geografia della bellezza e dell’impegno in cui, digitando il nome e cognome di una vittima innocente, si costruisce un ponte con le nuove generazioni. Un luogo di memoria viva, appunto, che ci sfida tutti all'impegno, ci commuove e ci fa muovere. Un impegno che dura 365 giorni all'anno, grazie al quale i cittadini vivono quella responsabilità per il bene comune che è il primo antidoto alle mafie e alla corruzione.Sono una cinquantina i beni confiscati dedicati alle vittime innocenti mappati dalla redazione di Vivi. Dal nord al sud del Paese, dalla campagna alla città, ville, cascine, terreni, appartamenti prima segno del potere criminale e mafioso sul territorio, si sono trasformati in luoghi della memoria, capaci di rendere vive le storie delle vittime innocenti, di veicolarne e di moltiplicarne la consocenza. Da Cascina Graziella, dedicata a Graziella Campagna a Moncalvo (Asti), al Centro Polifunzionale Padre Pino Puglisi di Polistena (Reggio Calabria); da Villa Boris Giuliano a Messina al Bosco 100 passi di Caggiano (Milano), dedicato a Peppino Impastato; dalla Casa don Diana a Casal di Principe (Caserta) al Laboratorio di legalità Francesco Marcone di Cerignola (Foggia). Un percorso di memoria e impegno che costituisce un patrimonio incalcolabile di valore e di valori.E poi i frutti di questo impegno, i prodotti coltivati sui beni confiscati. Nella stessa mappa, Libera ne censisce circa 25. E anche qui, leggere questo elenco diventa un viaggio nella storia e nelle storie del Paese: il Miele Bruno Caccia (San Sebastiano da Po’), il vino bianco Placido Rizzoto (San Giuseppe Jato), il Negramaro rosato Hiso Telaray (Mesagne), i pacchetti artigianali don Peppe Diana (Castel Volturno). Prodotti biologici, di alta qualità, che aggiungono valore a valore, che rendono, ancora di più e ancora meglio, la concretezza di una lotta alle mafie in grado di generare lavoro, opportunità, dignità.Il 21 marzo di quest’anno non saremo in piazza ma possiamo camminare lo stesso insieme. Possiamo farlo aprendo quella mappa, scoprendo questi luoghi di bellezza e cambiamento, guardando questi frutti buoni e giusti, camminando lungo questo sentiero di memoria, leggendo e raccontando le storie delle vittime innocenti. Quei segnaposto sulla mappa sono davvero tutto questo.

#perilbeneditutti, 7 marzo 1996/2020 24 anni della legge 109

Sono trascorsi ventiquattro anni dall’approvazione della legge n. 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, voluta da più di un milione di cittadini che firmarono la petizione popolare promossa dalla rete nazionale di Libera nel 1995. Oggi sono più di 850 i soggetti del terzo settore e della cooperazione sociale che hanno avuto in assegnazione beni mobili, immobili e aziendali confiscati e sono impegnati nella loro gestione per finalità di inclusione sociale, di promozione cooperativa e di economia solidale, di aggregazione giovanile, di rigenerazione urbana, culturale e ambientale.L’azione della rete associativa di Libera è stata orientata principalmente ad interventi di  informazione e formazione, di animazione sociale, di supporto all’Agenzia nazionale e alle Prefetture, alle Regioni, agli enti locali ed alle associazioni, di monitoraggio civico e promozione di percorsi di trasparenza e partecipazione, in collaborazione con le scuole, le università, le diocesi, i sindacati, le organizzazioni imprenditoriali e professionali. Tuttavia, il numero dei sequestri e delle confische ha raggiunto ormai una dimensione patrimoniale, economica e finanziaria considerevole tale che le competenze e gli strumenti non sono ad oggi sufficienti per i diversi soggetti pubblici e privati chiamati ad intervenire nelle varie fasi del sequestro, della confisca, destinazione e assegnazione previste nella normativa vigente (decreto legislativo n.159/2011, codice delle leggi antimafia e successive modifiche). A questo proposito, risulta importante l’adozione della Strategia nazionale per la valorizzazione pubblica e sociale dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione territoriali, al fine di sostenere interventi sostenibili nelle comunità di riferimento. A ventiquattro anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale, oggi presa a modello in Europa ed a livello internazionale, Libera evidenzia alcuni punti rispetto ai quali chiede:  1. l’attuazione della riforma del codice antimafia nelle sue positive innovazioni, nel sistema attuale delle misure di prevenzione antimafia, quale strumento efficace di contrasto patrimoniale alle mafie;2. l’equiparazione della confisca e del riutilizzo dei beni tolti ai corrotti ed alla criminalità economica e finanziaria;3. la garanzia di un supporto all'autorità giudiziaria durante la fase del sequestro e la trasparenza negli incarichi di amministratori dei beni;4. la maggiore diffusione delle assegnazioni provvisorie dei beni ed il raccordo con la destinazione dopo la confisca definitiva, al fine di promuovere le buone pratiche di riutilizzo sin dal sequestro o confisca di primo grado;5. un'Agenzia nazionale con strumenti, personale e professionalità adeguati e procedure di destinazione e assegnazione dei beni più veloci e trasparenti;6. il rafforzamento della capacità di gestione dei beni da parte delle Amministrazioni statali, regionali e comunali ed un supporto agli enti locali nelle procedure di assegnazione alle associazioni;7. la promozione del riutilizzo per finalità pubbliche e sociali dei beni confiscati quale destinazione prioritaria e previsione della loro vendita solo come ipotesi residuale, con verifiche e controlli adeguati per evitare la riappropriazione da parte degli stessi mafiosi;8. l’accesso pubblico alle informazioni sui beni sequestrati e confiscati e la promozione di percorsi di monitoraggio civico e di partecipazione dei cittadini e delle associazioni;9. la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate ed un supporto adeguato al fine di garantire la loro continuità imprenditoriale;10. l’estensione della confisca e del riutilizzo pubblico e sociale in Europa - attraverso l’attuazione della Direttiva n. 42 del 2014 e del Regolamento sul mutuo riconoscimento del 2018 - ed a livello internazionale.

Eboli, riutilizzo sociale del terreno ex Adinolfi: chiuso il (terzo) bando per l'assegnazione.

 Potrebbe essere ad una svolta il destino del terreno confiscato in località Cioffi ad Eboli, in provincia di Salerno. Dopo due tentativi andati a vuoto, pare che, a seguito della pubblicazione di un terzo bando i cui terimini sono scaduti nei giorni scorsi, finalmente sia giunta negli uffici comunali una proposta di riutilizzo sociale del bene acquisito al patrimonio indisponibile dell'Ente nel novembre del 2016 e per diverso tempo dato in locazione ad un'azienda privata. Da tempo l'Amministrazione comunale stava tentando la strada dell'assegnazione del terreno, attraverso una procedura ad evidenza pubblica, ad un soggetto sociale in grado di garantirne le piena restituzione sociale (ne abbiamo parlato qui). Un percorso che però si era rivelato più arduo del previsto, al punto da determinare per due volte la mancata presentazione di proposte progettuali in risposto all'avviso pubblico. Una circostanza probabilmente legata alla necessità di un investimento iniziale per alcuni interventi utili ad assicurare l'avvio delle attività di riutilizzo. Il bene ex Adinolfi, la cui confisca definitiva risale al novembre del 2004, è composto da un terreno agricolo di oltre tre ettari e mezzo, da un capannone, da un fienile e da altri comodi rurali. Obiettivo dell'Amministrazione comunale è quello di dare vita ad una fattoria sociale, attraverso un'esperienza di riutilizzo che tenga insieme il valore di un'efficace azione sociale, di formazione e di crescita culturale a quello del pieno ripristino della legalità, trasformando l'immobile confiscato in un luogo dal forte valore simbolico ma anche in un'occasione di sviluppo e di lavoro per la comunità locale.Stando alle indicazioni del bando, l'affidamento del bene avverrà a seguito di una procedura che, nella valutazione delle proposte presentate (in questo caso una soltanto), terrà conto anche della struttura organizzativa del soggetto sociale che ha risposto all'avviso, al quale, in caso di assegnazione, sarà fatto obbligo di avviare le attività entro i tre mesi successivi alla data di stipulazione della convenzione.La valutazione sarà affidata ad un'apposita commissione chiamata a dare un punteggio alla proposta progettuale sulla base, tra l'altro, della sua qualità complessiva e del suo impatto sociale ed economico; della capacità e sostenibilità organizzativa, professionale ed economica del soggetto che si candida alla gestione; dell'esperienza posseduta; dei tempi previsti per la funzionalità a regime della proposta presentata. La concessione avrà una durata di 10 anni. Solo pochi giorni fa, ancora ad Eboli, era stato consegnato alla Cooperativa Spes Unica, già assegnataria di altri beni confiscati, un appartamento confiscato in località Corno d'Oro, destinato a diventare una comunità per donne vittime di violenza e per i loro bambini.    

I beni confiscati: un bene sociale, una risorsa, un'opportunità. A Cecina un interessante percorso di monitoraggio civico.

Oltre 20 beni immobili giunti a confisca definitiva e pronti per essere trasferiti ai Comuni. A loro il compito di promuovere, attraverso il coinvolgimento del terzo settore, percorsi che ne assicurino la restituzione alla collettività attraverso il riutilizzo sociale. Siamo in Toscana, tra i comuni di Cecina, Castegneto Carducci, Campiglia Marittima e San Vincenzo. Territori che per la prima volta si trovano di fronte all'opportunità offerta dalla presenza di beni confiscati. Opportunità appunto. Perché è anzitutto questo il primo elemento da valorizzare, accrescendo nelle Istituzioni, nel mondo del volontariato e nell'opinione pubblica la consapevolezza che davvero questi luoghi possono diventare beni comuni, risorse, ricchezza sociale e materiale per il territorio. In quest'ottica, terreni, appartamenti, capannoni possono trasformarsi da beni esclusivi ad opportunità per tutti. I beni in questione, oggetto anche di un recente incontro informativo e formativo promosso a Cecina dal locale Presidio di Libera in collaborazione con quello di Castagneto Carducci, sono ancora in gestione all'Agenzia nazionale, che però ne sta programmando il trasferimento, in sede di conferenza dei servizi, ai comuni. Dal canto loro, gli Enti Locali sono al lavoro per superare le criticità e i problemi, alcuni anche particolarmente significativi, che rischiano di rallentare o rendere difficoltoso il processo di riutilizzo sociale. Un lavoro importante per il quale la rete territoriale di Libera si è già attivata, avviando un vero e proprio percorso di monitoraggio civico, passato attraverso la raccolta di dati e informazioni, una serie di tavoli tecnici, momenti di formazione e informazione come quello di Cecina. Ciascuno per la propria parte e con il proprio ruolo dunque, ma tutti impegnati perché venga data concretezza al principio del riutilizzo sociale dei beni confiscati. Un percorso che, nello spirito tipico di Confiscati bene e coerentemente alla mission di Libera, proseguità con un lavoro di animazione territoriale per informare la cittadinanza, per riflettere insieme sul valore sociale, culturale, simbolico, politico ed economico di questi luoghi, e per stimolare le realtà del terzo settore potenzialmente interessate alla gestione ad avviare processi di progettazione sociale. Alla rete territoriale di Libera è stato chiesto di portare avanti il lavoro di monitoraggio civico su questi beni, in un contesto come quello toscano che, sul fronte delle esperienze di monitoraggio civico dei beni confiscati, ha fatto registrare già alcune importanti e significative esperienze. Una su tutte, OndaLibera, il camper tour sui beni confiscarti promosso da Libera Toscana (ne abbiam parlato qui), che ha fatto reghistrare già due edizioni. Un modo per conoscere e per valorizzare i beni confiscati del territorio e per far comprendere a tutti quanto essi possano diventare, attraverso il loro riutilizzo sociale, strumenti di cambiamento.